PFP1- Materiali Lapidei a.a. 2014-15
Cantiere Didattico
Museo della Città di Acquapendente
DIREZIONE DEI LAVORI
Prof.ssa P. Pogliani Prof.ssa M.I. Catalano
DIREZIONE TECNICA
Prof.ssa M. G. Chilosi Prof.ssa C. Beltrami
Studente
INDICAZIONI GENERALI
DIREZIONE DEI LAVORI:
Prof.ssa M.I. Catalano (Direttrice Corso di Laurea a Ciclo unico LMR-02),
Prof.ssa P. Pogliani (Vice-direttrice Corso di Laurea a Ciclo unico LMR-02) DIREZIONE TECNICA:
Prof.ssa Maria Grazia Chilosi (Restauratrice Responsabile PFP1-Settore Lapideo, Corso di Laurea a Ciclo unico LMR-02)
Prof.ssa Cristiana Beltrami (Restauratrice PFP1-Settore Lapideo, Corso di Laurea a Ciclo unico LMR-02)
OPERATORE/RESTAURATORE:
Francesca Groppi, Bianca Cucè, Giulia Porcelli, Alessia Fusco, Ilaria Cavaterra (studenti PFP1- Corso di Laurea a Ciclo unico LMR-02)
PERIODO DELL’INTERVENTO: dal 08/05/2015 al 29/05/201
ESECUTORE DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA: Gaetano Alfano (fotografo ufficiale), Francesca Groppi, Bianca Cucè, Giulia Porcelli, Alessia Fusco, Ilaria Cavaterra (fotografie durante il restauro)
SCHEDA GENERALE DELL’OPERA
COLLOCAZIONE: Museo della Città di Acquapendente (Vt)
PROVENIENZA: Lo stemma in origine faceva parte del Ponte Gregoriano sul fiume Paglia, nei pressi di Acquapendente (fig.1). Il primo spostamento risale agli anni ’60, a seguito di ampliamenti della carreggiata sul versante di valle, quando lo stemma fu staccato e posizionato alla base del ponte quasi a livello di calpestio (fig.3), dove rimase per più di trent’anni ricoperto dalla vegetazione circostante.
Nel 1992, finalmente, il comune di Acquapendente decise di spostare l’opera in un luogo più consono alla sua conservazione, infatti una volta liberato dalla vegetazione fu depositato in luogo sconosciuto, insieme al gancio in ferro che lo ancorava al ponte; Dal 2005, anno della sua musealizzazione, è esposto presso il Palazzo Vescovile di Acquapendente.(fig.2).
OGGETTO: stemma episcopale SOGGETTO: emblema di Gregorio XIII.
Dal punto di vista iconografico l’emblema gregoriano presenta: nella parte alta lo stemma della Città del Vaticano con la tiara al centro della composizione, di cui si hanno pochissime tracce, e le Chiavi Pontificie decussate e legate insieme da un cordone, che passa prima nell’ impugnatura delle
chiavi, per poi discendere lungo i lati; nella parte inferiore un mascherone introduce lo stemma personale del Papa con il simbolo dei Boncompagni, la famiglia di provenienza, rappresentante: uno scudo ovale con al centro un mezzo drago incorniciato da due volute.
AUTORE E DATA: Ignoto 1578-1580
TECNICA DI ESECUZIONE: altorilievo DIMENSIONI: altezza m 2, larghezza m 1.5 RESTAURI PRECEDENTI:
Non esistono documenti che attestino restauri sul manufatto in questione.
Da alcune fonti orali si è venuti a conoscenza che gli unici interventi a cui è stato sottoposto lo stemma risalgono ai primi anni ’90, momento del suo spostamento.
Fig. 1: Ponte Gregoriano sul fiume Paglia, Acquapendente (Vt)
Fig.3: collocazione attuale dello stemma
Fig. 2: collocazione alla base del ponte in seguito allo stacco degli anni ‘60
Fig.4: stemma gemello, collocato sul versante Est del Ponte Gregoriano. 3
DESCRIZIONE E DATI SULLA TECNICA DI ESECUZIONE
MATERIALI COSTITUTIVI
Classe e tipologia del/dei litotipi:
Lo stemma è stato completamente realizzato in travertino. La pietra presenta una granulometria fine ed una colorazione beige, probabilmente si tratta di Travertino di Tivoli.
Eventuali materiali aggiuntivi connessi:
Il gancio in ferro, che in origine fissava lo stemma al ponte, è formato da un anello circolare raccordato ad un elemento rettilineo; l’anello permetteva di ancorare lo stemma alla struttura muraria del ponte, mentre la parte rettilinea era stata inserita nella sede sul retro dello stemma e fissata tramite un incamiciatura di piombo.
Metodi costruttivi:
Lo stemma è ricavato da un blocco monolitico di travertino. Originariamente faceva parte di una struttura architettonica. Era collocato sul Ponte Gregoriano, in rappresentanza del Papa che aveva indetto i restauri dell’infrastruttura acquesiana; probabilmente la sua realizzazione avvenne fra il 1578 e 1580, anni in cui Giovanni Fontana eseguì i lavori.
L’emblema papale era posto al centro del terzo arco, sul versante di valle, mentre sul versante opposto è tutt’oggi presente lo stemma gemello, che permette di comprendere l’originaria collocazione del manufatto (fig.4).
3.2 SEGNI DI LAVORAZIONE
L’uso della subbia è stato rinvenuto negli incavi retrostanti le volute, zone poco visibili dove la pietra è stata appena sbozzata. Il segno è riconoscibile dalle linee irregolari che la punta di questo strumento lascia sulla superficie (fig.5).
Troviamo un largo utilizzo della gradina soprattutto sullo sfondo del drago e nella cornice intorno allo scudo ad eccezione delle volute. La superficie in queste zone risulta puntinata, probabilmente lo strumento al momento della lavorazione era tenuto con un angolazione di 90° rispetto al piano, posizione utile per ottenere tale tipo di finitura. Si ipotizza l’uso di una gradina ad almeno quattro denti, e si percepisce dalle tracce dei colpi che è stata usata seguendo l’andamento delle forme (fig.6); la realizzazione di un fondo scabro probabilmente era stato pensato per mettere in risalto le figure più aggettanti limitrofe, che a differenza presentano una maggiore finitura.
Alcuni fori di trapano (fig.7) si notano nelle zone incave, come sul profilo della cresta del drago e nei fori dell’impugnatura delle chiavi. In queste piccole porzioni di spazio lo strumento è stato utile per dare profondità alla decorazione, in quanto ha permesso di scavare la pietra con precisione, operazione non eseguibile con uno strumento a percussione, il quale avrebbe potuto danneggiarla.
Lo scalpello è stato usato per rifinire i modellati ed eseguire i particolari delle figure come le squame del drago, i bordi delle impugnature delle chiavi e la corda (fig.8) e per creare angoli vivi come nelle ali del mascherone (fig.9) e nelle volute.
A causa della forte erosione della pietra non sono visibili i segni di strumenti di finitura come le raspe, troviamo solo una piccola traccia sulla testa del drago la quale probabilmente essendo una zona ben protetta ha mantenuto i segni dello strumento.
Documentazione fotografica: Segni di Lavorazione
Fig.5: segni di Subbia
Fig.6: segni di Gradina
Fig.7: segno di Trapano
Fig.9: segni di Scalpello
Fig.8: segni di Scalpello sul cordone 6
TRACCE DI INTERVENTI PRECEDENTI
Nonostante la mancanza di documentazione sugli interventi precedenti, si è dedotto che lo stemma nel 1992 sia stato sottoposto ad un pronto intervento in seguito alle operazioni di distacco dal ponte e successivo trasporto; tali manovre hanno ulteriormente aggravato il danno strutturale già presente, provocando una frattura passante che ha diviso definitivamente lo stemma in due grandi blocchi ed ha portato l’invitabile distacco del gancio in ferro dalla sua sede.
L’operazione più rilevante è stata la riadesione delle due parti distaccatesi (fig.10); l’incollaggio è stato eseguito con una resina epossidica applicata in modo sommario ed in quantità eccessiva (fig.11), infatti in vari parti del travertino si trovano sgocciolature e colature consistenti.
Inoltre con la stessa resina è stato riadeso un elemento originale distaccatosi in una zona limitrofa alla fratturazione passante.
Durante le operazioni di ricollocamento dei due blocchi, il gancio in ferro non è stato riposto nella sua sede originaria al centro dello stemma, probabilmente per motivi conservativi si è scelto di rimuoverlo definitivamente per salvaguardare l’opera, che deve parte del suo degrado all’ossidazione del metallo (fig.12).
Successivamente è stata installata un imbracatura metallica, dalla funzione contenitiva e bloccante, per limitare la precarietà strutturale del manufatto (fig.13). La struttura installata sul retro è formata da un elemento longitudinale che fa da supporto a cinque fasce metalliche, poste ortogonalmente a quest’ultima; i cinque elementi abbracciano lo stemma e terminano sul fronte con sistemi di aggrappo ben visibili su tutto il perimetro; in prossimità di questi si nota la presenza di residui di vernice che imbrattano la pietra, probabilmente dovuti a operazioni di manutenzione durante le quali la struttura metallica è stata trattata con dei protettivi.
In fine dall’osservazione delle superfici si è ipotizzato che in seguito a queste operazioni lo stemma sia stato sottoposto ad un trattamento di debiotizzazione vista la presenza di resti di biodeteriogeni.
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Fig.10: riadesione dei due blocchi
Documentazione fotografica: Interventi Precedenti
Fig.11: particolare dello strato di resina epossidica utilizzata per la riadesione.
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Fig.12: gancio in ferro dislocato dallo stemma Fig.13: struttura metallica sul retro dello stemma
DESCRIZIONE DELLO STATO DI CONSERVAZIONE
5.1 SUPPORTO LAPIDEO
Strati sovrammessi e forme di alterazione.
Su tutta la superficie del manufatto è stata riscontrata la presenza di deposito incoerente (fig.14), prevalentemente localizzato sui piani orizzontali e soprasquadri, mentre le zone incave ospitano numerosi nidi di ragno (fig.15).
Un esteso attacco biologico interessa la parte superiore dello stemma, dove sono presenti microrganismi di varie specie: licheni, muschi, e alghe.
L’attacco lichenico è sicuramente il più diffuso, lo troviamo perfino presente in due forme differenziate: sia come incrostazioni di consistenza morbida di colore bianco e grigio, probabilmente riconducibili a licheni deceduti e mai asportati (fig.16), che sotto forma
di “impronte”, le quali attestano l’esistenza pregressa di questi organismi vegetali sul substrato, che appare ormai modificato dall’azione meccanica dei loro organi di aggrappo (le ife) (fig.17); ciò ha portato anche ad un’alterazione cromatica della pietra, che in questi punti si presenta di colore bianco, e mostra inoltre fenomeni di pitting (fig.18).
Le alghe si presentano prevalentemente di una colorazione nera e (fig.19) tranne in certi punti in cui sono di un verde brillante (fig.20), mentre i muschi hanno una cromia bruna (fig.21); la presenza di questi biodeteriogeni conferisce una tonalità bruno grigia al travertino.
In sintesi nella parte superiore dello stemma, dove l’attacco biologico è più rilevante, la colorazione del marmo risulta profondamente compromessa, mostrando un’alterazione cromatica di differente cromia a seconda del biodeteriogeno presente (fig.22). Di altra natura sono invece le alterazioni cromatiche di colorazione rossastra che si notano in corrispondenza delle mancanze, probabilmente causate dagli ossidi di ferro.
Inoltre si notano sporadici schizzi di bitume dovuti alla collocazione dello stemma a ridosso del fondo stradale (fig.23).
La superficie presenta fenomeni di alveolizzazione pressoché su tutto il manufatto. A causa della sua genesi il travertino è caratterizzato da vacuoli che rendono la sua superficie non perfettamente liscia, probabilmente il processo di degrado ha accentuato questo fenomeno già presente naturalmente nella pietra, portando ad un allargamento a volte rilevante degli alveoli già esistenti (fig.24).
Una forte erosione interessa la parte superiore dello stemma, la cui leggibilità risulta fortemente compromessa rispetto al blocco inferiore, le cause del fenomeno sono attribuibili agli agenti atmosferici e all’attacco biologico, che hanno indotto la perdita di gran parte del modellato (fig.25); mentre i sottosquadri, essendo meno esposti, presentano un buono stato di conservazione, che permette una soddisfacente lettura delle forme (fig.26). Nella zona inferiore dello stemma il fenomeno dell’erosione è limitato alle superfici aggettanti della composizione, più facilmente soggette all’azione meccanica dell’acqua e degli agenti atmosferici in generale (fig.27 e 28).
Una fratturazione passante divide lo stemma in due grandi blocchi, probabilmente la causa della rottura è dovuta all’anello di ferro originariamente collocato al suo centro, la cui ossidazione ha portato una tensione all'interno della pietra di gran lunga maggiore della sua resistenza (fig.29); la lacerazione è stata ulteriormente aggravata dagli stacchi e dagli spostamenti subiti nel tempo dal manufatto. Inevitabile conseguenza è stata la perdita di parte della decorazione nelle zone limitrofe alla rottura (fig.30), infatti una grande mancanza del testo figurativo è riscontrabile in una parte del drago (la testa e la punta dell’ala), del mascherone, e parte del bordo su entrambi i lati; un importante mancanza si nota anche sulla sommità dello stemma in corrispondenza della quale vi erano parte delle chiavi e la tiara , manca inoltre parte della voluta destra (fig. 31 e 32). Probabilmente questa parte di decorazione è andata perduta durante le operazioni di stacco degli anni ’60, poiché una fonte fotografica del 1992, che ritrae lo stemma alla base del ponte, mostra già la mancanza nella zona sommitale (fig.33). Il danno strutturare comprende anche una piccola fessurazione sull’ala destra del drago ed un piccolo distacco sull’ala sinistra (fig.34).
Per quanto riguarda il gancio in ferro, presenta uno strato di deposito incoerente su tutta la superficie ed un ossidazione avanzata del metallo (fig.35 ).
Documentazione fotografica: Stato di Conservazione
Deposito Incoerente
Fig.14: deposito incoerente sui piani orizzontali
Fig.15: nidi di ragno
Attacco Biologico
Fig.16: incrostazioni di licheni.
Fig. 17: impronta di licheni pregressi
e modificazione superficiale della travertino causata dalle ife.
Fig.18: alterazione cromatica di colore bianco e fenomeno di pitting sul travertino modificato. 12
Fig.19: alghe di colore nero
Fig.20: alga di colore verde brillante Fig.21: muschi
Schizzi e Sgocciolature
Fig.23: schizzi di bitume
Alveolizzazione
Fig.24: fenomeno di alveolizzazzione
Erosione
Fig.25: forte erosione della parte superiore dello stemma
Fig.26: differente stato di conservazione tra il mascherone fortemente eroso e i sottosquadri (le ali) che non presentano tale fenomeno.
Fig.27: parte inferiore dello stemma, erosione zone aggettanti
Fig.28: parte inferiore dello stemma, erosione zone aggettanti
Fratturazioni, Mancanze e Distacchi
Fig.29: fratturazione passante
Fig.30 : mancanze nelle zone limitrofe alla frattura Fig.31: mancanza nella voluta destra
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Fig.32: mancanza nella zona sommitale
Fig 33: fotografia del 1992
Fig.34: distacco
Stato di Conservazione: Elemento Metallico
Fig.35: deposito incoerente e ossidazione del gancio in ferro
DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI EFFETTUATI
Il primo intervento effettuato ha previsto la rimozione del deposito incoerente tramite l’ausilio di aspiratore e pennelli in setola di media grandezza. Successivamente la superficie è stata inumidita con spugne imbevute di acqua, operazione che ha portato alla luce microrganismi ancora attivi sul substrato come alghe, muschi e licheni. L’attacco biologico è stato trattato con Biotin al 2% in alcool isopropilico, applicato a pennello, compiendo movimenti circolari per permettere al biocida di penetrare in profondità (fig.36). Dopo sette giorni dal trattamento, tutta la superficie dello stemma è stata pulita meccanicamente con spazzolini: inizialmente spazzolando a secco e successivamente con l’ausilio dell’acqua, la cui azione solvente ha permesso allo sporco residuo di rigonfiare, così da essere asportato più facilmente.
La pulitura è stata rifinita meccanicamente con l’ausilio di bisturi e specilli, operazione che ha permesso di alleviare ulteriormente l’alterazione cromatica, restituendo parte della leggibilità dell’opera (fig.37).
Le zone in cui il travertino risulta “modificato”, a causa dell’attacco lichenico, presentavano una patina superficiale di colore grigio la quale è stata leggermente assottigliata con il bisturi (fig.38).
Inoltre gli schizzi di bitume sono stati trattati con ligroina supportata da polpa di carta, con un tempo di contatto di circa un ora; il bitume ammorbidito dall’azione del solvente, è stato poi rimosso meccanicamente con il bisturi.
L’eccesso di resina epossidica dell’intervento precedente è stato rimosso meccanicamente con l’ausilio del microtrapano (Dremel), le colature e le sgocciolature sono state abbassate quasi al livello della pietra in modo da renderle impercettibili alla vista; mentre in corrispondenza della frattura una volta eliminato l’eccesso di resina, si è deciso di rimuoverne un ulteriore strato fino ad arrivare ad un livello consono per poter applicare la successiva stuccatura. In molti punti la superficie della resina è stata puntinata con il microtrapano, creando una finitura scabra per permettere alla malta di aggrapparsi facilmente al momento della stesura, mentre la resina destinata a rimanere in vista è stata velata con latte di calce pigmentato, una sorta di strato preparatorio per la successiva reintegrazione cromatica (fig.39).
Il distacco sull’ala sinistra del drago e la fessurazione su quella di destra sono stati consolidati con resina epossidica (Araldite) con aggiunta di inerte (fig.40).
Successivamente si è proceduto alla reintegrazione con malta che ha interessato la zona della frattura passante e degli alveoli di medie e grandi dimensioni che disturbavano la leggibilità dell’opera.
Le cavità più profonde sono state prima stuccate con una malta idraulica di riempimento in proporzioni 2:1 a base di St. Astier, sabbia di fiume e pozzolana fine, in cui al momento della
stesura sono stati inglobati pezzi di coccio pesto per rafforzare il composto (figg.41 e 42). Le stuccature di superficie sono state realizzate con due malte aeree di tonalità diversa, per accordare al meglio le reintegrazioni con la mutevole cromia del travertino: una dalla tonalità calda composta da 1 parte di grassello di calce, 0,9 di polvere di travertino, 1 di giallo oro, 0,9 di sabbia verde e 0,5 di nero ebano setacciato, l’altra di una tonalità più fredda costituita da grassello di calce, 1,4 di polvere di travertino, 0,5 di giallo oro, 0,9 di sabbia verde setacciata con setaccio medio, 0,2 di nero ebano setacciato grossolanamente, entrambe in rapporti 3:1 (fig.43).
La reintegrazione con la malta è stata il più possibile rispettosa della storicità del manufatto, andando ad intervenire, dove era strettamente necessario, per restituire la leggibilità dell’opera.
Come ultima operazione la superficie lapidea dello stemma è stata reintegrata cromaticamente con piccole velature ad acquerello (Winsor & Newton) nei punti più chiari della superficie e sulle stuccature per accordarle alla cromia del travertino (fig.45 e 46). La reintegrazione cromatica ha ulteriormente permesso di portare l’opera a un buon grado di leggibilità, eliminando tutti i disturbi ottici che rendevano frammentaria la decorazione, rendendo la superficie omogenea.
Il gancio in ferro è stato pulito dal deposito incoerente e da tracce di ruggine polverulenta, successivamente è stata rimossa parte dell’ossidazione tramite azione meccanica con carta abrasiva a granulometria media, risciacquato con acqua e lasciato asciugare completamente; in fine è stato applicato a pennello il protettivo Paraloid B-72 al 2% in acetone (fig.44).
Documentazione fotografica: Interventi Effettuati
Fig.36: applicazione del biocida.
Fig.37: Pulitura meccanica a bisturi 20
Fig.38: rimozione a bisturi della patina grigia.
Fig.39: rimozione resina epossidica
Fig.40: consolidamento della fessurazione con resina epossidica
Fig.41: malta di riempimento con inclusi di coccio pesto
Fig.42: malta di riempimento applicata nella fratturazione
Fig.43 : applicazione malta di finitura
Fig.44: gancio in ferro dopo il trattamento
Fig.45: prima della reintegrazione cromatica Fig.46:dopo la reintegrazione cromatica
Prima e dopo il Restauro
Prima della pulitura meccanica a bisturi
Dopo la pulitura meccanica a bisturi
Prima della rimozione della resina Dopo la rimozione della resina
Durante l’applicazione della malta di riempimento Dopo l’applicazione della malta di finitura
Prima della reintegrazione cromatica sulla stuccatura
Dopo la reintegrazione cromatica sulla stuccatura
Prima della reintegrazione cromatica Dopo la reintegrazione cromatica 26
Prima del restauro
Durante il restauro 27
Dopo il restauro (frontale)
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Dopo il restauro (laterale sinistro)
Dopo il restauro (laterale destro)
Bibliografia
L.P. Bonelli- M.G. Bonelli¸ L’età di Michelangelo e la Tuscia, BetaGamma Editrice, 2007
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